Di Vini, di Storie. Di Storie, di Vini

Di Vini, di Storie. Di Storie, di Vini

Questa è la storia di un Vino e delle vigne da cui nasce

Questa è la storia della cantina Montecorvino e di Andrea Fiacco, filosofo del Vino e chimico delle parole, e di un gruppo di uomini, amici, collaboratori, tutti stretti intorno a un progetto e intorno a un luogo, appunto, la casetta di Montecorvino.

Per rendere l’idea di questo piccolo mondo, posso solo raccontare la mia prima visita in Cantina, dopo la quale non ho potuto fare a meno di tornare, più e più volte, per bere, chiacchierare, imparare.

C’è da dire che prima di conoscere Andrea Fiacco, ho conosciuto e amato i suoi vini. Per tutta l’estate 2020 al Caffè del Cardinale, abbiamo innaffiato aperitivi e cene con bottiglie di Petrara (chardonnay in purezza) e Rapiglio (merlot in purezza), entrambi annata 2019.

Quando Lucia a fine serata di un sabato mi ha detto “Lunedì andiamo da Montecorvino, ti va? Si vendemmia al mattino, mangiamo tutti insieme e degustiamo un po’ di vini”… bè, non so se fossi più emozionata all’idea di entrare in vigna oppure in cantina. Comunque, non stavo nella pelle

Quel lunedì mattina era il 2 novembre e si prospettava una splendida giornata di sole, un’ottobrata. In vigna, a tagliare compatti grappoli di Montepulciano, eravamo una combriccola pittoresca e niente male. Donne e uomini, appassionati di vino e principianti vignaioli, molti ristoratori e anche un trio di guide turistiche. In testa a tutti, Andrea, che distribuiva cassette e forbici, ridendo e scherzando. Sorridente, accogliente e di un’intelligenza vivace che traspariva da ogni sua parola.

Il vigneto dove ci trovavamo, sulla strada tra Cori e Sermoneta, fa parte dei circa 10 ettari della Cantina, piccoli e medi appezzamenti di proprietà e di amici produttori,  che si trovano dislocati tra Valvisciolo e e la zona piedi montana: Doganella di Sermoneta, Santa Maria, Aprilia, Nettuno… Le uve coltivate sono diverse: Chardonnay, Merlot, Montepulciano, Trebbiano, Viognier, Petit Manseng.

Il vigneto che preferisco però è quello che circonda la cantina. Che poi bisogna fare una distinzione precisa, perché quella che chiamo cantina in realtà è, diciamo così, il campo base, il luogo del cuore e degli incontri. Qui non ci sono i silos in acciaio, le botti e i tonneaux, che sono in un’altra struttura, poco distante, giù a Sermoneta Scalo.

Qui sulla montagna invece c’è una casetta arancione, con un piccolo pergolato e un camino che finora ho visto sempre acceso; è letteralmente incastonata in un pianoro sul declivio della montagna. Guardando su si vedono le vette rocciose, il bosco che degrada e si interrompe appena iniziano le viti di Chardonnay, vicine e tagliate basse, a cordone speronato. Guardando giù, le viti si rituffano in discesa e sembrano volersi fondere con i boschi, ovunque tutto intorno.

 

Così dopo la vendemmia, affamati e assetati, ripartiamo. Sulla strada che sale, da Ninfa verso Bassiano, appena superati gli ultimi Templari dell’Abbazia di Valvisciolo, eccola lì, sulla sinistra: la casetta arancione! Il cartello su strada dice, finalmente, Cantina Montecorvino.

Da questo momento in poi la giornata prende una nuova piega. Il posto è magico, la compagnia delle migliori ma è il vino che fa da volano e Andrea si presenta finalmente nella sua veste di padrone di casa.

In cucina c’è un affaccendarsi vivace di cuochi, escono i primi piatti e apriamo le prime bottiglie. Insieme a un cabaret di uova all’occhio di bue, cotte alla perfezione e ricoperte di scaglie di tartufo nero, appaiono sul tavolo bottiglie fresche di Ceviano, un trebbiano in purezza. Ed è subito amore.

Dei vini di Andrea, è quello che mi sorprende di più, forse perché da un Trebbiano ci si aspetta poco.

E invece arriva diretto come uno schiaffo in faccia, netto, glaciale, dritto al punto. Una bevuta senza fronzoli insomma. Secco, fresco e con una buona acidità.

Fuori sul prato, imbandiamo una lunga tavolata. Pane fresco, formaggi locali, insaccati e sulla brace sfregolano succosi pezzi di cinghiale…da vegetariana inizio a chiedermi con cosa mi sfamerò.

La risposta arriva dentro una mega pentola: una pasta e fagioli con tutti i crismi, cremosa, con rosmarino, erbe aromatiche e spaghetti spezzati. È un tripudio di sapori, colori e risate. Tutti gli invitati si amalgamano alla perfezione.

Dopo il Ceviano, il primo bicchiere di Petrara (Chardonnay) sembra un nettare e accompagna con grazia tutti i piatti. È dorato, con aromi delicati di fiori, sapido.

E mentre io prediligo il bianco, i carnivori bevono e gustano il Rapiglio (Merlot): rosso rubino, intenso, con chiare impressioni di frutti rossi e una leggera liquirizia.

Andrea si prende cura di tutti, riempiendo i nostri piatti e i nostri calici; è generoso, gentile e intelligente. Raccontando di sé e dei suoi vini, ci travolge di storie e di parole. Sembra sempre sicuro di sé e dei suoi argomenti, le sue idee sul vino sono nette ma non rigide e ama il confronto, ama ascoltare.

Non a caso, ogni volta che sono passata in cantina da quel giorno, l’ho trovato in compagnia di qualcuno. Con Claudio, prezioso nel lavoro in vigna. Con Norberto e Maurizio, che degustano e discutono.

Sulla sua tavola accanto al camino ci sono sempre bottiglie da assaggiare e se si è fortunati, e capita spesso, ci sono il pane e i dolci di Fabio, panificatore e pasticcere di Latina. Quel 2 novembre erano tutti presenti e avrei capito solo in seguito che loro erano la vera banda, gli amici di una vita.

Così, nell’otium, trascorre il pomeriggio e finalmente decidiamo di metterci in marcia. Inizia il secondo round: bisogna portare l’uva a deraspare!

Per merenda, per darci un po’ di carica prima di muoverci, un calice di Rapiglio e un piatto di pasta con porcini e tartufo. Dalla montagna scendiamo a Sermoneta Scalo e arriviamo nella cantina vera e propria. I più volenterosi scaricano le cassette di Montepulciano e travasano l’uva nella macchina deraspatrice.

Mentre cala il buio e si intravede la luna, Andrea si prepara a raccontarci un’altra storia. Bicchieri alla mano, assaggiamo direttamente dai silos vini che stanno concludendo la fermentazione…Trebbiano, Chardonnay di due vigne diverse, Viognier, Merlot. La ciliegina sulla torta è un passito di Petit Manseng che farebbe resuscitare i morti.

La giornata sfumava verso il suo termine, diversi bicchieri più tardi e un altro piatto di pasta e fagioli…di nuovo nella casetta, davanti al camino, Lucia contenta che giocava a carte… Ricordo i bei discorsi sulla strada del ritorno e la mia sorpresa nel sentire la testa leggera, nonostante i fiumi di vino…

Nessun mal di testa e nessun dubbio nel cuore: tornerò!

A questo punto, che altro aggiungere…la casetta di Montecorvino è sempre lì, i vini di Andrea Fiacco li trovate al Caffè del Cardinale.

Venite a trovarci!

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